Accadde tutto questa notte

 

ACCADDE TUTTO  QUESTA NOTTE

Posted by Viviana Leoni on Venerdì 4 dicembre 2015

Come nei migliori film horror: è una notte agitata in cui continui a girarti e rigirarti in quello che non è il tuo letto. In casa quando ti sei infilata sotto le coperte c’erano 10 °C, ora, ti pare ce ne siano 40°C… sarà la febbre degli ultimi giorni, sarà che ora il riscaldamento è acceso, non lo sai, quello che sai è che le palpebre sono talmente pesanti che sembra qualcuno te le abbia cucite addosso. Impossibile aprirle, ma al tempo stesso anche impossibile dormire. La stanchezza e il malessere si alternano indistintamente in un amalgama senza rimedio e tu sei lì, preda di questo stato di comatoso dormiveglia che sembra aver incollato il tuo corpo al letto con uno strato di vischiosa melassa. D’un tratto ecco da un’altra stanza, giungere una melodia: è la serenata di Schubert. Tu non lo sai che si chiama così, né ti interessa saperlo. Per te quel suono è solo quello della ninna nanna che ascoltavi da bambina, e precisamente la ninna nanna dei puffi. “Buonanotte notte puff, dormi bene bambino la tua mamma è di là a giocare col papà” Ora tu lo sai bene, non sei più una bambina e la tua mamma e il tuo papà di certo non si trovano nella stanza accanto, tantomeno a giocare; l’unica cosa che invece si trova effettivamente di là è un carillon a cui è appesa un’ape colorata, uno di quei carillon che si mettono sopra le culle per confortare i neonati nel riposo e la cui melodia è la medesima che tu hai appena sentito. Ma tu per l’appunto non sei più una bambina e quel suono, partito all’improvviso nel cuore della notte è tutto meno che confortante. Il primo che viene destato e entra inevitabilmente in uno stato di allerta è il tuo sistema uditivo. La parte animale che ancora alberga dentro di te prende il sopravvento e senza mezzi termini grida: PERICOLO!
Non sai né chi, né come possa aver azionato quel carillon: sei sola in casa; è vero: fuori dalla tua porta c’è un lunghissimo corridoio prima di arrivare alla porta d’entrata e, se qualcuno lo avesse percorso, forse, neppure te ne saresti accorta, eppure non ti sembra di avere udito altri rumori. L’unica cosa che sai, con assoluta certezza è che quel carillon ha suonato. Lo hai sentito, non stavi dormendo, era vero, era talmente vero che ne puoi sentire ancora l’eco rimbombarti nelle orecchie.
Cominci a riflettere su come muoverti, ma muoverti, per l’appunto, è proprio ciò che non ti riesce. Il tuo corpo è stato fagocitato dal letto, e i tuoi occhi stanno facendo tutt’uno col materasso. Ti sembra di vivere una di quelle situazioni di paralisi totale, in cui il corpo tetraplegico continua a percepire, ma non riesce a comunicare in alcun modo con l’esterno. Ti rendi conto che l’unico ad essere realmente desto è il tuo sistema nervoso periferico, mentre il tuo corpo, ahimé è ancora immerso nel sonno e non ti riesce in alcun modo di svegliarlo.
E’ allora che ti metti in ascolto. Cominci a raccogliere informazioni sull’ambiente circostante. Cerchi di cancellare la melodia dalle tue orecchie e di concentrarti sui rumori presenti tutt’attorno. Il tuo stato di allerta è totale, la tua paura, paralizza quel corpo che ancora si ostina a dormire. Cominci a percepire tutta una serie di rumori che provengono dalle altre stanze. Con l’occhio della mente vedi persone, nel buio, che cercano tentoni qualcosa da portare via. Non capisci cosa possano rubare. La casa è vuota, è in attesa di essere affittata, tutt’al più c’è solo qualche mobile qua e là, pile di sacchi contenenti vestitini per bambini gettati dovunque uno sull’altro come fossero spazzatura, e nel salone, accanto alla porta di ingresso… la tua valigia! Rimproveri te stessa mille volte per averla lasciata così lontana da te. Ti rincuora sapere che le cose più preziose le hai comunque lì accanto: la tua borsa, il tablet e … il cellulare. Pensi che lo hai proprio lì, sul comodino, a pochi centimetri dalla tua mano. Ti sforzi di raggiungerlo, ma per quanta tenacia tu ci metta la mano continua a non volersi muovere. Ti sembra di sentire qualcuno muoversi e aprire la porta di ingresso, poi odi delle voci. Ci sono almeno due persone che parlano tra loro sottovoce. Cigolii, rimestii, colpi, sbatacchiamenti, rimbombi, è tutto così confuso, non riesci a comprendere né da dove provengano, né se stiano aumentando o cessando. La tua mente è ingarbugliata: in cucina la caldaia ha ripreso a funzionare e scalpita e sferraglia come una vaporiera, impossibile discernere quali suoni provengano da lì e quali invece da altrove. Continui a concentrare la tua attenzione, le tue orecchie tese in uno sforzo senza fine.
E finalmente… lo senti. Comincia in modo sottile, quasi sommesso ma lentamente, come un serpente sinuoso, lo percepisci scorrere e attraversare tutto il divario che ancora sussiste tra il tuo stato di allerta e quello del sonno. Vieni colta da un brivido. Annusi l’aria, percepisci il pericolo e mentre il sangue riprende a scorrere con forza nelle tue vene, ti rendi conto che sembra tutto fluire nella stessa direzione: la tua vescica!
Sai che potenzialmente la tua vita potrebbe essere a rischio e non solo sei mezza rincitrullita dal sonno, tanto da non riuscire neppure a raggiungere il cellulare che hai di fianco per chiedere aiuto, ma peggio ancora, l’unico pensiero che avanza prepotente, tanto da riuscire finalmente a farti riaprire gli occhi, è quello di dover urgentemente andare in bagno a svuotare la vescica.
Con estrema fatica cerchi di trattenere lo stimolo. Del resto: come trovare il coraggio di andare in bagno, quando uscendo dalla porta sai che presumibilmente potresti trovarti faccia a faccia con dei loschi figuri pronti a tagliarti la gola pur di sottrarti il tuo vuoto e piangente portafoglio!? Provi a concentrarti sui rumori che ancora ti giungono dalle altre stanze.
D’improvviso ricordi che non sei l’unica ad avere le chiavi di casa: un mazzo è ancora nelle mani delle addette dell’agenzia immobiliare. La casa per l’appunto è stata messa in affitto. Ti rincuori pensando che le voci che hai udito siano le loro e poiché ora riesci finalmente a muoverti, allunghi un braccio, prendi in mano il cellulare, guardi l’ora e… e scopri che sono le cinque del mattino.
Mentre cominci a dubitare seriamente che le dipendenti dell’agenzia possano avere avuto motivo di entrare in casa alle cinque del mattino e ti convinci che i rumori che senti provengano da altro, ecco che viene sbattuta una porta, e delle voci cominciano a percorrere le scale. Poi, più niente, solo il buio.
A questo punto non ce la fai più, lo stimolo si è fatto sempre più forte, non puoi più trattenerlo e col cuore che ancora continua a battere forte ti alzi in piedi e cerchi tastoni la via che conduce al bagno. Svolti il primo angolo, trovi la porta della camera, fai per aprirla e con tua enorme sorpresa ti accorgi che… è già aperta!
Il buio che ti circonda è totale, non ti è possibile vedere nulla. Goffamente, il tuo corpo è lì che cerca di seguire la tua volontà come un sonnambulo. Sei certa di aver chiuso quella porta proprio prima di andare a dormire e ora te la ritrovi lì, aperta! L’oscurità ti avvolge come una camicia di forza, pesantemente cerchi di svoltare un altro angolo e nel farlo passi proprio sotto al carillon che poco tempo prima avevi udito suonare. Immagini le mani estranee che dovevano averne nel buio caricato la chiavetta. Ricordi che lo avevi fatto tu stessa il pomeriggio, appena entrata in casa, con la gioia di chi per la prima volta si aggirava fra quelle stanze. Ripensi al piacere che avevi provato nel farlo: le tue corse felici lungo i corridoi che ti accoglievano come un’infante che si aggira festosa nella casa nuova. Ed ora rieccoti lì, nel buio, di notte, spaventata a morte e con l’unico pensiero di raggiungere al più presto la tavoletta del water.
Prima di entrare in bagno decidi di accendere la luce. Hai evitato di farlo finora, di proposito. Nel caso ci fosse qualcuno in casa, hai pensato, se accendessi la luce si accorgerebbe subito della mia presenza e allora potrebbe accadere di peggio. Ma ora non ce la fai più ad attendere: prima di sederti su quel fottutissimo water hai bisogno di sapere se ci sei solo tu lì, o se nell’ombra si aggira per caso qualcun altro. Fai per spostarti verso dove ricordi si trovasse l’interruttore e mentre avanzi di un passo ci sbatti contro.
E’ ancora buio, ma non hai alcun dubbio, quelle che hai appena urtato sono un paio di scarpe e per giunta da uomo. Le riconosci, subito, senza esitazione. Potresti quasi dirne anche la marca e valutarne all’incirca la misura. Così ora ne hai la certezza: non ci sei solo tu, c’è qualcun altro e questo qualcun altro si trova proprio lì, di fianco a te, davanti la porta del bagno in cui tu però oramai hai deciso di voler entrare a ogni costo.
In barba alla paura, come una baccante invasata non da Dioniso, ma bensì dallo stimolo di quel bisogno fisiologico tanto potente e inarrestabile quanto lo spirito del Dio greco, ti fiondi verso la porta, alzi il coperchio del water, ti siedi e, col cuore che batte all’impazzata, finalmente, ti liberi!
Con la calma e la padronanza di sé di chi oramai ha adempiuto alla parte più ardua della sua impresa, ti rialzi, individui a tastoni l’interruttore e accendi la luce. Il bagliore ferisce i tuoi occhi come una frusta. Non eri pronta a questo, non ancora, ma ecco, ora le vedi: le scarpe sono ancora lì, proprio dietro la porta che ti separa dal corridoio. Un paio di scarpacce da uomo marroni, vecchie e consunte, abbandonate lì chissà da chi e chissà quando. Sei sola, non c’è nessuno. Attorno a te persiste ancora solo il rumore della caldaia. Il corridoio è libero, né pare essere stato attraversato da alcuno. Ogni cosa è in ordine, persino nel salone in fondo non manca nulla. La tua valigia giace lì, a terra, aperta ed intatta così come l’avevi lasciata.
Ti interroghi sui rumori e sulle voci confuse che avevi sentito. Sarà passato qualcuno per le scale – pensi – del resto, si tratta pur sempre di un condominio. Magari qualcuno dell’appartamento a fianco che cominciava a lavorare la mattina presto è uscito di casa. La porta sbattuta era la sua.
L’unico dettaglio che ancora rimane incomprensibile è ancora lì, appeso, come la spada di Damocle, proprio sopra la tua testa. Un’ape gialla e nera che pende da un carillon. Sai che ha suonato, sai che era vero, l’unica parte che ancora non capisci sono il come e il perché. L’ipotesi più accreditata è che col calore diffusosi nella notte grazie al riscaldamento acceso, la dilatazione dei metalli abbia fatto scattare la molla interna e fatto partire il carillon, l’unica teoria certa invece resta il fatto che questa notte a dilatarsi per il panico sono state le tue pupille, e la molla interna che è scattata era il tuo stimolo fisiologico che ti ha fatto partire verso il bagno. Benvenuta prima notte nella casa in Lombardia!

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