Verso Mi’Canto

VERSO MI CANTO

di Viviana Leoni, Marta Marchi, Cristina da Ponte

Spettacolo vincitore del premio SPAZIO OFF 2014 del CSO PEDRO

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“Non chiudere troppe porte!
Le porte andrebbero lasciate aperte
e anche le braccia.”

Si parte dalla poesia... poesia come voce di ciò che in altro modo non si può dire , poesia come l’umanità che esce solo qualche volta, che esce dai tombini di una città evacuata, poesia come polvere dopo la bufera, poesia come sosta dopo l’apice di una corsa… poesia che si insinua nei silenzi di lunghi discorsi e frastuoni, poesia come unico modo per dire…  Mi’Canto è la chimera, il sogno di noi tutti, Mi’Canto è il nostro universo, la città dei sogni, Mi’Canto è quello che vorremmo essere…  “Verso Mi’Canto” è il percorso verso questa meta, questo punto d’arrivo, “Verso Mi’Canto” è il viaggio dal guscio al cielo, “Verso Mi’Canto” siamo tutti noi in cammino verso l’immagine che abbiamo di noi e del mondo che vorremmo…

SINOSSI

VERSO MI’CANTO  è una raccolta di squarci, ricordi, desideri e sogni che si muovono vorticosamente per arrivare aldilà del silenzio, dello sguardo, dell’orizzonte, dei confini, della paura.
Un lavoro che esplora il linguaggio poetico come esperienza del proprio essere. Poesia: “unico modo per dire”.
In scena ritagli di tre vite che s’ intrecciano in una vertigine, dove pensieri, azioni e parole si esprimono attraverso piani paralleli. Tre figure malinconiche e trasognanti svelano frammenti di vita che emergono violentemente dal profondo del mare.
Una ragazza RIBELLE, un MARINAIO e una DONNA di mondo, a fare i conti con “le maschere che le hanno protette quando non potevano fare altro che scrivere”.
VERSO MI’CANTO è il sogno di un viaggio, nato da un istintivo desiderio di espiazione e di libertà.

NOTE DI REGIA

VERSO MI’CANTO è opera originale di tre autrici. Tutte e tre hanno curato drammaturgia, regia e lavoro attoriale. Lo spettacolo è quindi frutto di un continuo confronto, scontro, scambio di idee e visioni. Il testo drammaturgico è nato dal desiderio di sperimentare un linguaggio, quello poetico, identificato come lingua più vicina all’anima, l’unica in grado di darle voce. Da lì sono nate numerose improvvisazioni, riflessioni, raccolte di testi che hanno dato vita al testo drammaturgico di VERSO MI’CANTO, un testo in continua evoluzione con la scena.
La composizione della scena segue un preciso lavoro di gestione e utilizzo dello spazio, che è percepito come se fosse un luogo speciale, estremo, una porzione di terra su cui è stato puntato un riflettore, una lente d’ingrandimento. In questo spazio le attrici si muovono con corpi molto precisi, non quotidiani, estremamente tesi anche quandono si muovono lentamente. I gesti sono densi, a volte stilizzati. I volti sono “volti dai lividi celati”. Gli occhi, cerchiati di nero, guardano lontano quasi avessero lenti profonde ormai tatuate. I corpi in scena non sanno parlare, le loro parole escono dalle bocche di altri, escono amplificate e violente da microfoni che vengono utilizzati come strumento compositivo, per rafforzare o spostare il piano verbale.
La scena sviluppa continui quadri dove la figura (o figure) che non parla è protagonista di un particolare frammento drammaturgico; le sue parole escono amplificate dalle voci (dalla voce) delle altre due figure che ne sviluppano i pensieri.
In scena è presente un grande baule vuoto (una barca, una casa, una bara, una gabbia..) che prende forma di quadro in quadro. Dal baule esce un lungo telo blu, il mare, eterno simbolo di viaggio. Anch’esso muta e trasforma, trasformando chi lo possiede.
Le tre figure sono vestite in modo strano, ricordano un marinaio delle terre del nord, una donna di ceto elevato, un adolescente ribelle. Queste figure sono i fantasmi di ciò che sono state. Ne incarnano le ferite, i rimpianti, le passioni, i sogni, le speranze. E sono proprio queste le cose di loro che restano. I solchi più profondi della prigione (o libertà) che rappresentano. Ogni figura sviluppa una faccia di questo desiderio di libertà. Tre faccie che infine si completano e unite rendono possibile il viaggio, l’espiazione.

Questo è il mio inno alla complessità
unico modo per dire
unico modo per non dire
è la giusta distanza
per dire
è la giusta vicinanza
per dire
Sono spiragli“.

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